Tra le sostanze rinvenibili in natura, un posto di tutto rilievo è occupato, ormai da millenni da un metallo, dal caratteristico colore giallo e oggi assunto a simbolo di ricchezza, a causa della sua rarità e della particolarità delle sue caratteristiche: l’oro.
Dal punto di vista chimico, l’oro (simbolo Au, dal termine latino “aurum”), l’oro è un metallo di transizione, appartenente alla categoria dei cosiddetti metalli nobili.
Il colore giallo, tratto distintivo e universalmente riconosciuto, si deve alla reazione della superficie all’assorbimento di una particolare lunghezza di onde luminose, quelle del blu.
L’oro è un metallo duttile, particolarmente malleabile, ma nel contempo incredibilmente resistente.
E’ in grado di sopportare inalterato il passaggio del tempo e il contatto con l’aria, a causa del quale non sviluppa in genere ossidazione e, allo stato attuale delle conoscenze, si ritiene che esso reagisca soltanto se messo a contatto con ione cianuro e acqua regia, sostanze che in effetti vengono ancora oggi utilizzate sia in fase estrattiva che nei processi di fusione.
Per l’oro si utilizza in genere una particolare unità di misura, il carato, che in verità trova la sua origine nel campo orafo, dove viene utilizzata per la definizione delle differenti leghe, al fine di indicarne la purezza o meglio la finezza, sulla base del rapporto tra oro puro e altri metalli.
Il carato è una unità di misura nota fin dai tempi antichi, che oggi trova ampio impiego in gioielleria, essendo utilizzata anche nei confronti delle pietre preziose.
Deve il suo nome al seme di carrube, utilizzato quale termine di paragone e caratterizzato per una costanza pressoché assoluta del peso, pari a 0,2 gr.
Secondo questo sistema, la purezza dell’oro si misura sulla base di un sistema a base 24: l’oro puro è cioè composto di 24 parti di metallo biondo su 24 ed è quindi indicato con la caratura 24 kt.
In verità l’oro 24 kt non viene utilizzato tal quale in campo orafo per la creazione di gioielli o monili. In genere esso è commercializzato a scopo di investimento sotto forma di lingotti o barre da investimento.
Sebbene infatti l’oro sia molto apprezzato per la sua duttilità, l’eccessiva morbidezza ne impedisce l’uso allo stato puro in campo orafo.
Per questo motivo si ricorre all’uso di leghe in oro, che sfruttano la capacità dei metalli nobili di legarsi con altri elementi e che danno luogo a materiali molto più resistenti alla lavorazione.
A tale scopo, l’oro viene unito ad altri metalli, principalmente all’argento, al rame e al nickel, utilizzati in diverse proporzioni a seconda dello scopo che si intende raggiungere.
Nel campo dei gioielli, ad esempio, la lega più diffusa sul mercato italiano è sicuramente quella a 18 kt, che contiene il 75% di oro puro.
Si tratta di uno standard ormai riconosciuto e che viene considerato particolarmente buono e pregiato per le produzioni orafe di comune circolazione.
A seconda del tipo di metalli che si uniscono in lega all’oro, è possibile ottenere delle mutazioni che non riguardano soltanto la durezza, e quindi il comportamento dell’elemento, ma che influiscono spesso notevolmente, sulla sua resa estetica.
Eì molto frequente, ad esempio, il ricorso all’argento e al rame, al fine anche di schiarire il composto, la cui cromia vira dal giallo al rosso, ed abbassare la temperatura di fusione, al fine di rendere molo più semplici, eventuali successive manipolazioni o riparazioni dell’oggetto.
Con l’aggiunta di nickel si ottiene invece il rinomato oro bianco, che per la sua lucentezza e il suo colore, è stato spesso utilizzato quale succedaneo del molto più costoso e raro platino.
Ma non solo di gioielli si parla, quando si guarda al campo di utilizzo dell’oro.
Questo metallo prezioso, unico per le sue caratteristiche, ci ha abituato, fin dagli albori della società umana, a prestarsi ad un gran numero di diversi usi.
Oggi possiamo trovare l’oro praticamente ovunque, anche là dove la sua presenza sembra davvero strana e non opportuna.
Grazie alla capacità di condurre elettricità, l’oro puro trova oggi largo impiego in campo industriale, elettrico ed elettronico.
Si calcola, ad esempio, che nei computers domestici siano presenti circa 6 gr del biondo metallo, allocati principalmente nella scheda madre.
Allo stesso modo è possibile verificare di persona la presenza di oro puro nei cellulari e nei tablet, semplicemente spostando dal proprio alloggio la batteria: l’oro puro è lì, sotto forma di contatto, che riluce in tutto il suo splendore.
Notevoli, seppur poco conosciuti, sono anche gli impieghi in campo medico, dove l’oro viene usato sia nella sua forma pura che in lega.
Noto fin da tempi ormai lontani è ad esempio l’oro in forma colloidale, in passato ritenuto un vero e proprio elisir di lunga vita.
Si tratta di una miscela, nella quale si trovano disperse particelle d’oro di infima dimensione, addirittura sub-micrometrica, che assume una colorazione tra il rosso e il giallo a seconda delle effettive dimensioni delle particelle.
Essa viene usata con successo nella cura dell’artrite reumatoide, ma sembrano ancora molto ampie le possibilità di sviluppo di questa terapia, se solo si pensi che, stando a recenti studi di laboratorio, esso potrebbe trovare impiego nella cura dell’Alzheimer.
E’ invece una lega 18 kt, quella utilizzata in amalgama in campo dentistico, con ormai comprovati risultati di resistenza e tollerabilità da parte dei pazienti.